Partiamo dal nuovo concetto di “energia di prossimità”: consumare energia vicino a dove si produce o produrla vicino a dove si consuma.
Questo modello ci spingerà sempre di più a utilizzare l’energia solare fotovoltaica. Ma i tetti a disposizione ci bastano? Quale può essere quell’area urbana più adatta a localizzare nuovi impianti fotovoltaici? E quali caratteristiche dovrebbe avere l’impianto per essere ben integrato nel territorio?
Alcune soluzioni sono emerse durante il recente convegno “Agrivoltaico e città” organizzato dall’associazione Clust-ER Greentech.
Sono tre le soluzioni identificate, definite “infrastrutture arancioni”, “agrivoltaico periurbano” ed “Energy Park”.
Si tratta di nuovi assi (Infrastrutture arancioni) e spazi (Agrivoltaico periurbano ed Energy park) pensati per integrare in città nuovi impianti per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di energia.
Affinché queste componenti siano ben inserite nell’ambiente urbano, dovrebbero essere anche fruibili dalla comunità, attrezzandole per esempio con parchi, orti urbani e spazi di relazione.
Vediamo allora i principali vantaggi, difficoltà e raccomandazioni evidenziati dagli esperti nel corso del convegno per realizzare questi progetti in maniera efficiente.
Infrastrutture arancioni
Secondo Alessandro Rossi, referente del settore energia di Anci Emilia-Romagna “dobbiamo imparare a convivere con il fotovoltaico, ma i tetti non bastano. Inoltre, i tetti sono dei privati e possono essere utilizzati a loro piacimento”.
Anci Emilia-Romagna ha intanto invitato i Sindaci a fare un censimento dei giacimenti di fotovoltaico comunali proprio per far conoscere ai Comuni quale sarebbe il potenziale di energia solare a loro disposizione.
Bisognerà poi abituarsi nelle città – spiega Rossi – alla vista non solo degli impianti, ma anche delle cabine e degli impianti di storage. Tutte componenti che attraversano e servono il tessuto urbano come degli assi: le infrastrutture arancioni, complementari a quelle verdi e blu per il raffrescamento e la permeabilità delle aree urbane.
Come farle? “Visto che dovremmo fare molte cabine primarie e secondarie non potremo più nasconderle nei luoghi meno visibili. Enel per esempio ha lanciato dei concorsi per progettare le nuove strutture e per migliorare quelle esistenti”, ha ricordato Alessandro Rossi, aggiungendo che alcuni comuni in Emilia Romagna stanno già cercando di attivarsi per realizzare queste infrastrutture arancioni.
Anci Emilia-Romagna ha sollevato però il problema della mancanza di una strumentazione urbanistica di riferimento, a cui bisognerà lavorare per realizzare tanti di questi progetti.
Agrivoltaico periurbano
Una seconda soluzione interessante è l’agrivoltaico periurbano. Secondo Stefano Amaducci, professore nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, il fotovoltaico nell’area periurbana può essere una perfetta interpretazione dell’agrivoltaico. Darebbe meno problemi rispetto all’agrivoltaico tout court realizzato in pieno campo soprattutto per il minore impatto paesaggistico, dato che spesso ai margini delle nostre città ci sono aree industriali abbandonate che non sarebbero danneggiate dalla presenza di questi impianti.
Inoltre, l’integrazione di questa tecnologia nella cintura periurbana darebbe, oltre alla produzione di energia e di cibo, anche la possibilità di valorizzare aree marginali o interstiziali, come detto spesso incustodite.
Nelle aree periferiche sono spesso presenti piccoli appezzamenti di terreno, non più coltivabili da tempo; ed è qui che l’agrivoltaico può essere una soluzione intelligente che andrebbe anche ad evitare che tali lotti vengano urbanizzati. Potrebbero inoltre essere spazi dedicati alle relazioni sociali.
Un agrivoltaico con scopi sociali può diventare una sorta di evoluzione tecnologica dell’orto urbano, a disposizione di associazioni, cittadini, studenti, proprio come sta avvenendo con l’agrivoltaico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
Il professor Amaducci, coordinatore di questo progetto, ha spiegato che a partire da luglio presso la facoltà sarà attivato un impianto agrivoltaico da 500 kWp (in alto l’immagine del rendering dell’impianto) e gli orti urbani realizzati al suo interno saranno fruibili da tutti gli studenti (il video del rendering mostra l’integrazione dell’impianto nel tessuto universitario).
A detta del professore, la ricerca per migliorare la tecnologia dell’agrivoltaico dovrebbe essere indirizzata anche verso l’aspetto sociale, una potenzialità da non sottovalutare.
Su questo approccio è d’accordo Alessandra Scognamiglio, coordinatrice della Task Force Agrivoltaico Sostenibile di Enea, secondo cui la mappa delle aree idonee all’agrivoltaico dovrebbe tenere conto non solo dei parametri tecnici, come l’esposizione solare, ma anche di altri indicatori, non ultimi quelli di carattere sociale.
Energy Park per città e aziende
Nel corso del convegno Enrico Piraccini di Hera ha parlato dell’Energy park, concept di un progetto energetico e sociale ideato dal Gruppo nel 2022.
È una infrastruttura verde, alle aree di frangia delle città, composta da tre unità funzionali: un bosco con un parco urbano per le attività ricreative dei cittadini; una parte dedicata ad agrivoltaico e agricoltura di precisione e un’altra area per la raccolta dell’acqua piovana.
Questo progetto considera l’agrivoltaico in elevazione (o avanzato) garantendo un consumo di suolo inferiore al 10%. I pannelli sono posizionati a 4,5 metri di altezza in modo che anche le trebbiatrici possano lavorarci.
L’energia rinnovabile prodotta dall’impianto può essere utilizzata per ricaricare le auto elettriche, parcheggiate all’interno all’Energy Park, oppure per produrre idrogeno per il trasporto pubblico.
Il modello è flessibile e può essere messo in pratica anche in presenza di vincoli del territorio, come coltivazioni agricole preesistenti, strade e costruzioni. Questo concept può interessare città e aziende.
Il Gruppo Hera è impegnato in un Energy park che occuperà circa 70 ettari e 30 MW di agrivoltaico. Al momento è in fase progettuale ed è stato richiesto a Terna l’allacciamento alla rete di alta tensione, per poi passare alla fase autorizzativa. Sembra peraltro che siano diversi i comuni interessati a questo modello di agrivoltaico.
Il parco non sarà solo di Hera ma anche dei cittadini; si sta infatti pensando a un modello che permetta ai privati di comprare un pannello FV nel parco e di scontare l’energia prodotta da quel pannello dalla propria bolletta.
Anche le imprese potranno acquisire quote dell’Energy park per approvvigionarsi di elettricità solare a prezzi più bassi di quelli del mercato.
Insomma, visto che i tetti delle città non ci basteranno per produrre energia pulita di prossimità dovremo inventare nuove soluzioni e ben regolamentarle dal punto di vista urbanistico.
Spazi (come l’agrivoltaico periurbano e gli Energy park) e assi (come le infrastrutture arancioni) sono solo alcune proposte per integrare il fotovoltaico e relative infrastrutture in città, anche con un occhio ai benefici sociali delle comunità circostanti.